LA CASSAZIONE BOCCIA GLI STUDI DI SETTORE

La parola fine sugli accertamenti da studi di settore potrebbe averla messa definitivamente la Corte di cassazione (http://www.cortedicassazione.it/). In uno studio dell'ufficio del massimario (relazione tematica n. 94 del 9 luglio 2009 http://www.cortedicassazione.it/Documenti/Relazione_%2094%20_09.pdf) con cui i magistrati della Suprema Corte hanno passato in rassegna le pronunce e la dottrina degli ultimi 20 anni sulla validità probatorio degli strumenti presuntivi di accertamento del reddito, la Cassazione ribadisce senza mezzi termini che l'accertamento da studi di settore non può fondarsi sul solo scostamento tra quanto dichiarato e i livelli di congruità previsti in via generalizzata. Al contrario deve essere confortato da elementi ulteriori che emergono anche in occasione del contraddittorio con il contribuente. Non solo. Nel confronto tra Fisco e contribuenti se il cittadino o il suo consulente propone all'Ufficio le proprie deduzioni, la motivazione dell'eventuale avviso di accertamento deve contenere un'adeguata replica, e in sua assenza l'atto impositivo è nullo per difetto di motivazione. Conclusione che appare in linea con l'amministrazione finanziaria. Lo stesso direttore delle Entrate, Attilio Befera, nel ritenere ancora necessari gli studi di settore (Gerico) come strumento di tax compliance per le imprese, la scorsa settimana alla Camera ha sottolineato la rigidità espressa dagli studi, ritenendoli fisiologicamente incapaci, da soli, di individuare in maniera credibile la capacità contributiva. La Cassazione, con il suo documento, fornisce dunque ulteriori elementi di discussione nel dibattito che si è aperto tra chi, come i professionisti, vuole un redditometro di massa riveduto e corretto, e chi, al contrario, vede negli studi di settore ancora un utile strumento di contrasto all'evasione fiscale, quanto meno per selezionare i soggetti a rischio. fonte ANMVIOGGI

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