IL CODICE DEONTOLOGICO SECONDO LA CASSAZIONE

giudici possono intervenire sull'interpretazione del codice deontologici. Per una maggiore garanzia del professionista incolpato, la Corte di Cassazione può dire la sua sulla deontologia professionale. L'interpretazione diretta del codice deontologico non viola l'autonomia dell'Ordine.

E' questo il principio espresso dalle Sezioni unite con la sentenza 20 dicembre 2007, n. 26810. L'orientamento assume rilievo particolare nelle libere professioni, dopo l'eliminazione dei limiti alla concorrenza, con l'apertura della pubblicità e la possibilità di offrire prestazioni senza minimi tariffari (articolo 2 del decreto legge 223/2006).

Predisposti dagli Ordini con delibere dei Consigli nazionali, i codici deontologici esprimono il potere di auto organizzazione e la loro autorità deriva da consuetudini e da norme che ne prevedono l'adozione. Gli Ordini fissano gli obblighi di correttezza cui i propri iscritti devono attenersi: la violazione genera illeciti disciplinari, con sanzioni che possono giungere fino alla radiazione dall'Albo. Una volta emanato, ogni codice deontologico è vincolante nell'ambito della categoria.

I procedimenti disciplinari sono attivati d'ufficio, su segnalazione di professionisti iscritti o su iniziativa degli utenti (i clienti dei professionisti), qualora emergano comportamenti poco diligenti, errori professionali o danni. Nel codice deontologico sono dettagliati i comportamenti che il professionista deve tenere coni colleghi, con la parte assistita, con la controparte, con i terzi. Per esempio, si trova nei codici deontologici la definizione di elementi quali la prestazione professionale diligente, il dovere di informazione verso il cliente, il concetto di lealtà, l'obbligo di restituire gli atti e di non adottare comportamenti esosi. I giudizi disciplinari, che si svolgono innanzi gli Ordini, possono condurre a pronunce di condanna di calibro diverso rispetto a quelle ottenibili dai giudici civili: un comportamento formalmente corretto può infatti essere considerato deontologicamente illecito e provocare sanzioni al professionista.

Nella vicenda giunta all'esame della Cassazione si discuteva di un comportamento formalmente corretto di un avvocato, che aveva iniziato dieci diverse intimazioni giudiziarie ("precetti di pagamento") di contenuto analogo, verso lo stesso debitore nel giro di pochi giorni Tali atti avrèbbero potuto essere condensati in un unico procedimento, risparmiando al debitore costi notevoli. Lamentando tali costi e il comportamento scorretto del professionista, il debitore si è quindi rivolto all'Ordine, chiedendo condanna disciplinare. Condanna che è puntualmente avvenuta con una "censura", applicando il codice deontologico nella parte in cui impedisce di opprimere il debitore con azioni aggressive (articolo 49 del Codice forense).

Il professionista ha presentato ricorso, osservando che la deontologia legale impedisce "iniziative giudiziali", mentre la notifica di atti non ancora giudiziali (perché non indirizzati ad un giudice), non sarebbe sanzionata sotto l'aspetto deontologico, quindi, la Corte si è dovuta interessare del significato di un'espressione (l'iniziativa giudiziale aggressiva), verificando se a tale categoria appartengano solo gli atti che iniziano una lite, oppure anche quelli che la precedono.

LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE N. 26810.pdf

fonte ANMVIOGGI

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