FACOLTA', TANTI STUDENTI E POCA PRATICA

Oltre mille aspiranti veterinari ogni anno, quando studi di settore indicano in 750 il numero ideale di nuovi immatricolati. E si tratta di una cifra già ridimensionata, alla quale si è arrivati quest'anno dopo progressivi 'tagli' che, negli ultimi anni, hanno portato i nuovi immatricolati da oltre 1.400 a circa 1.050". A tracciare il bilancio è Gualtiero Gandini, presidente della commissione didattica e docente della Facoltà di Veterinaria dell'università di Bologna.

E il problema non è solo l'eccessivo numero di giovani che scelgono di intraprendere la professione: "le Facoltà italiane - dice Gandini all'Adnkronos Salute - non eccellono per didattica pratica e i neolaureati spesso si ritrovano a imparare le manualità pratiche negli ambulatori dei colleghi. Il numero dei laureati 'sfornati' dalle università è eccessivo, soprattutto se equiparato a quello degli altri Paesi europei. Questo, inevitabilmente, crea sottoccupazione e precarietà. I neolaureati sono spesso usati come infermieri negli ambulatori e nelle cliniche con salari non sempre dignitosi".

C'è poi il problema della certificazione europea delle Facoltà: "solo cinque - fa notare Gandini - sono certificate dall'Eaeve (European Association for the Esatblishment of Veterinary Education), l'organizzazione preposta ad armonizzare e a valutare gli standard di qualità delle Facoltà europee. In molte Facoltà italiane la situazione non è al passo con quanto richiesto dagli standard europei, soprattutto perchè la casistica clinica è ancora largamente insufficiente. In generale, il numero di studenti è troppo alto per una didattica pratica che prevede necessariamente il lavoro per piccoli gruppi".

"In occasione di un incontro che si è tenuto nei giorni scorsi qui a Bologna - prosegue Gandini - il presidente della Federazione dei veterinari europei (Fve), Walter Winding, ha detto che questo è il punto di maggior debolezza di molte Facoltà europee: la didattica clinica pratica è il motivo piů frequente della mancata certificazione da parte della Eaeve. Da questo punto di vista le realtà migliori si trovano in Paesi dell'Europa nord-Occidentale come la Francia, la Gran Bretagna, la Svizzera, l'Olanda e la Germania".

La soluzione? "Le direttive europee prevedono l'istituzione dell'ospedale didattico veterinario- dice l'esperto - inteso come il luogo dove si svolge il cosiddetto 'clinical training', cioè la gestione del caso clinico da parte dello studente sotto adeguata supervizione. L' ospedale didattico veterinario deve essere necessariamente dotato di un servizio di accettazione e ricovero, di una unità di terapia intensiva, di un servizio di medicna interna, di diagnostica per immagini e di chiururgia. La presenza di un Ospedale didattico veterinario aperto 24 ore su 24 e 365 giorni l'anno è uno dei requisiti per la  certificazione Eaeve e potrebbe diventare nel prossimo futuro la discriminante in termini di sopravvivenza per le facoltà italiane.

Le Facoltà approvate dalla EAEVE devono quindi essere dotate di un ospedale didattico. In Italia, rispetto ad altri Paesi, queste strutture fanno molta fatica a funzionare adeguatamente. I motivi sono da identificare soprattutto nei problemi di reclutamento di un adeguato staff, sia in termini di carenza di personale veterinario che tecnico(in Italia non esistono gli infermieri veterinari).

Certamente, conclude Gandini, i tagli di cui hanno sofferto gli Atenei negli ultimi anni non hanno contribuito a migliorare la situazione, aggravata anche, in determinate situazioni, da una mentalità 'vecchia' e non adeguata del corpo docente".

fonte ANMVIOGGI

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